A meno di un anno dal suo ultimo album “Revolution” torna il musicista romano Akes, che da pochi giorni ha pubblicato il doppio singolo e video “Stuntman” e “Smart working”.
I due brani vogliono raccontare l’alienazione nei campi che più interessano la comunità: l’amore e il lavoro, ed è proprio nei suoi testi che troviamo il cuore del suo pensiero. Se in “Stuntman” critica l’immobilismo sociale dovuto all’abuso dei social network “Fermo, bloccato, sul desktop, scocciato“, in “Smart working” attacca il lavoro schiavizzante che porta ad una vita routinaria “Tutti lì a vantarsi che hanno qualcosa da fare, gli togli gli impegni e sono pronti ad impazzire“. Sulla produzione di Dr. Wesh, Akes torna a mettere a fuoco la visione che ha sempre caratterizzato i suoi lavori. Un’idea futuristica e distopica della società che passa dai suoni, dai testi, dall’estetica e dalle immagini dei videoclip che accompagno i suoi brani.
Ciao Akes, hai meno di 30 anni ma hai già una discografia molto nutrita: 4 album, svariati singoli e un libro…
La mia vita è la musica, e credo fermamente che per emergere ci si debba impegnare H24, mi piace realizzare album, fissano sempre la mia vita del periodo, come una foto, ne ho sempre fatto uno ogni anno e il mio obiettivo rimane quello, fisso. Per quanto riguarda il libro “I segreti dell’autotune”, è stata una breve parentesi per il discorso autorale, talvolta scrivo e faccio da topliner per altri artisti e avevo bisogno di mettere nero su bianco le esperienze acquisite in studio.
Rispetto al passato hai dato un netto taglio con il mondo urban/Hip-Hop. Come mai?
Ho cominciato a fare rap a 15 anni partendo dalle cerchie di freestyle sui binari, da quel momento è passato un decennio e la mia musica è figlia del momento che vivo, di conseguenza non sento più di vestire i panni dell’Hip-Hop “vecchia scuola”. Sono in continua evoluzione, ma, le radici rimangono ancora urban, piace ancora fare le rime, il sound può variare ma ci sarà sempre del rappato nelle mie canzoni.
La base del tuo sound è profondamente electro, manterrai questa stessa rotta anche per i prossimi singoli e l’album?
Certamente, c’è qualcosa nei suoni elettronici che mi ispira particolarmente e nel nuovo album c’è molta più elettronica rispetto al precedente “Revolution”. In particolare, i prossimi due singoli saranno quelli più carichi di suoni spaziali.



Quale potrebbe essere il tuo ascoltatore ideale?
Una persona profonda, che non accetta di seguire la massa. Non importa l’età ma deve possedere una maturità di base che gli permette di apprezzare le mie liriche, il top sarebbe avere tutti ascoltatori che accettano il concetto di cambiamento ed evoluzione, non riesco a ripetermi perché la mia musica va di pari passo con le esperienze vissute e vorrei che il mio ascoltare tipo fosse dello stesso avviso.
Dicci il nome del tuo produttore italiano preferito undeground e di quello mainsteam.
Al livello undeground stimo tutti i produttori con cui ho lavorato, da Cirielli a Dr. Wesh, Reizon e Alessandro Gemelli, c’è anche Erika Greys che si sta affermando nella psyrtance e insieme a Mariobrossteam mi ha mandato un beat da paura. Per quanto riguarda il mainstream sono fan delle produzioni di Michele Canova. Maestro.
Hai pensato a qualche feat in particolare?
Si, quando ne avrò la possibilità mi piacerebbe collaborare con i cantanti dei miei gruppi newmetal preferiti (Bring Me The Horizon, Sum 41, Thousand Foot Krutch). Stanno sposando molto l’elettronica con il loro sound, che poi è quello che vorrei fare nel prossimo futuro. Mentre nel rap amo i classici mostri sacri come Fibra, Marra, Emis, Jake e Guè.
Nel tuo ultimo doppio singolo e video Stuntman / Smart working, come del resto in molte delle tue ultime pubblicazioni ti scagli contro molte cose che giudichi negative. C’è qualcosa o qualcuno che reputi, invece, come modello positivo?
Se devo riferirmi a qualcuno, la mia famiglia per me è sicuramente un esempio di positività. Se dovessi rifermi a qualcosa, attualmente l’unica cosa positiva è che a gennaio uscirà “Matrix 4 Resurrections”.
Sei giustamente molto attivo sui social, ma nella tua ottica antisistema c’è un compresso rispetto a questa cosa?
Si, negli ultimi anni mi sono accorto di quanto fosse frustante per me condividere la quotidianità al di fuori della musica, e di conseguenza ho deciso di postare esclusivamente contenuti inerenti al mio lavoro, entro nel sistema solo per dire la mia in canzoni.
Hai mai pensato di dedicarti alla politica o al sociale?
Quando ho pensato all’album “Revolution” ho provato a immaginare un futuro da attivista, però ho subito accantonato l’idea perché mi piace esprimermi esclusivamente attraverso i miei brani, ognuno deve fare ciò che sente davvero, aldilà delle diramazioni.
Nel videoclip sei andato a Berlino con la modella Nas. Come l’hai conosciuta e come mai hai scelto proprio quella location?
Nas mi ha seguito poco dopo che è uscita la canzone “Dejavu”, le affinità sui gusti musicali ci hanno portato ad organizzarci per girare la clip di “Errore 404” qui a Roma, ma poi la pandemia non ce l’ha permesso. Successivamente ho pensato di andare da lei perché Berlino è una città molto moderna e futuristica; quindi, le ho chiesto cosa ci fosse di adatto in città per il mio stile cyber, e il sito di Teufelsberg (sotto consiglio della stessa Nas) mi è sembrata una location perfetta.