2Pac l’ha ripetuta più volte nei suoi testi, Mike Bloomfield ci ha pure fatto un album. Che sia guardarsi alle spalle e ridere della volante alle calcagna, o comporre assoli cantando di vecchi amori, l’ode alla velocità ha segnato generazioni.
In poche parole: Living in the fast lane è stato, sarà ma soprattutto è, ancora, il motto di una gioventù idealizzata. Quella che in barba alle convenzioni, cerca agio nelle situazioni che oscillano tra il crollo nervoso imminente e la distruzione della morale riconosciuta.
La corsia di sorpasso è per chi non può aspettare e deve macinare il terreno perso. “Non ho tempo”, ringhiava Noyz dieci anni fa. Non c’è tempo nemmeno ora, che gli album durano due settimane ed i singoli vengono sfornati a ritmi industriali. Il rap si è preso la scena e il mondo urban viaggia ad alta velocità. Una volta che ti catapulti, vieni trasportato nel calderone e di lì in poi ci vuole poco. Ci vuole veramente poco: da next big thing a girare l’Italia con un album in studio già pubblicato è questione di mesi.
Per questo dire che Quentin40 e Massimo Pericolo sono il nuovo che avanza suona già come ovvietà. Eppure entrambi sono giovani, due ragazzi freschi per progetto e tempistiche e che in comune hanno la velocità e i cuori infranti.
Scarpe da ginnastica consumate, voci rotte, rabbia a ruota libera. Quando li senti sulla base, Massimo Pericolo e Quentin40, verrebbe da dire siano cresciuti appoggiati ai muretti di quegli alti palazzi della grande città, che li ha schiacciati col suo peso e alla quale hanno deciso di ribellarsi.
Invece da Acilia viene il primo, e da Brebbia l’altro. Nè Roma nè Milano, ma nei pressi: ecco che allora la provincia dissemina e regala poetica rinnovata.
Dal remix di Thoiry, pezzo che ha posto i riflettori su Vittorio Crisafulli – Q40 -, è passato più di un anno. 7 Miliardi invece è storia più recente ma già cicatrizzata: Alessando Vanetti -MP- sorride e dice “è poco tempo che la gente ha cominciato a seguirmi, ma è tanti anni che compongo rime.”
Ma è stata la rabbia empatica di questi due ragazzi a conquistare l’endorsement di gran parte della scena, la capacità di comunicare il loro essere eterogenei e di rottura rispetto al panorama presente.
Con l’urgenza di chi è in ritardo, sono arrivati di prepotenza, trafelati, spezzando il silenzio delle province e cambiando tavolo, gioco, incontro. Si torna a parlare della sofferenza e della rabbia, di chi ce l’ha appena fatta e vuole solo gridarlo, ma con una consapevolezza insolita. La loro poetica non è illustrazione di lotta tra gang e scorribande giovanili, ma al contrario è racconto profondo, che mette a nudo loro e chi li ascolta; vis-à-vis, intimità.
I ragazzi di Provincia hanno creato un hype che nemmeno si aspettavano e si sono ritrovati a dover scrivere, ancora di più, e a dover buttare fuori un progetto a tutto tondo in una corsa contro il tempo. Sono usciti a marzo, il 29, e aprile, il 12, con i loro primi album in studio. A testimonianza della corsa che hanno dovuto affrontare, c’è chi ha storto il naso e afferma che i dischi sembrano raffazzonati e buttati fuori in fretta, con poca amalgama e pochi pezzi. E c’è chi ha visto una crescita nei contenuti, questi ultimi diversi e non provenienti dal bacino di rabbia e rivalsa dal quale i due giovani ragazzi avevano attinto per scrivere le prime rime.
Una cosa è certa, questi primi lavori sono brevi – 23 minuti streammaibili per Scialla Semper e 37 per 40 – e lasciano entrambi in sospeso, come se il discorso fosse stato interrotto per mancanza di tempo; il sorpasso all’ultimo è riuscito, ma in totale divenire è rimasta la corsa. La provincia ha nuove voci e sempre gli stessi ostacoli: tra riconferme ed incomprensioni, si aspettano live e novità, mentre sulla fast lane nessuno sembra avere intenzione di rallentare.