Ricominciamo dal 69: Achille Lauro torna a parlare e presenta il nuovo album
“Voglio che possa arrivare a tutte le generazioni”
L’arrivo dell’uomo sulla luna si porta dietro uno dei misteri più interessanti dell’ultimo secolo. Alzi la mano chi non è mai rimasto affascinato dalla possibilità che nulla di ciò che abbiamo visto o che ci è stato raccontato sulla celebre spedizione lunare sia vero, guardando le maratone domenicali in seconda serata, sonnecchianti e con vaghi interessi spaziali. La navicella del programma Apollo, del resto, rimane ancora avvolta da glorie e misteri nell’immaginario collettivo. C’è chi fa notare che la bandiera piantata non fosse smossa dal vento, chi gridando indica l’anomalia delle ombre a terra. Ricercando un po’, è ferrea la convinzione che l’abbia girato niente meno che Stanley Kubrick. Il regista britannico, con l’intenzione di insabbiare l’adesione del fratello al partito comunista, avrebbe confezionato per la NASA il video che tutti abbiamo visto: un’opera d’arte registrata negli studi di losangelini. Che ci si creda o no, ogni soluzione a questa vicenda è affascinante. Invariabilmente sorprendente. Si può affermare in tutta tranquillità, però, che se l’allunaggio non ci fosse mai stato, il sentimento di ribellione sarebbe rimasto intatto. Il 69, del resto, ha colpito l’immaginario di tutti anche a distanza di generazioni. Quell’uomo che per primo ha calpestato i crateri lontani e modificando il corso della storia: il cambiamento è matrice di novità.
Achille Lauro oggi svela al pubblico 1969, “ma la rivoluzione è per tutti”, assicura. Oggi come allora. Almeno così dice a chiare lettere l’artista di Roma. Davanti alla stampa in uno sfarzoso allestimento, parla dopo il presidente di Sony Italia, quest’ultimo febbricitante e compiaciuto del lavoro svolto da Lauro, e dalla professionalità di Boss Doms.
Lauro, look eccentrico e disponibilità nel rispondere alle vecchie paturnie legate alla partecipazione a San Remo, rende chiaro che il manifesto è proprio Rolls Royce, e citata a più riprese la sviscera, spiegando che per lui “L’inizio e la fine sono una costante della vita in generale. Il ciclo delle cose. È una preghiera per tutti”



Ma rewind. Lauro viene dal precedente album sempre prodotto da Boss Doms, Pour L’Amour, uscito il 22 giugno 2018. Allora era Samba-trap, era collaborazione con Cosmo re della musica notturna, era Thoiry, era tutto treccine e gioventù bruciata.
Nella sala, sullo sfondo, lo schermo, la copertina del nuovo album; è seduto affianco a James Dean quando gli viene chiesto cosa è rimasto del vecchio Lauro in questo nuovo lavoro. “Una delle cose più forti è che nonostante cambiamo sound e parole i fan rimangono. La musica è comunicare, l’intenzione è quello che trasmetti, l’anima rimane la stessa anche se cambia il contorno. Cambieremo ancora ma l’anima no. Nell’album ci sono zone comfort per i vecchi fan, la disperazione malinconica c’è sempre, è diventata intima.”



1969 è un crossover, definire Lauro in poche parole una sfida. Da Barabba sono passati anni e l’artista Romano si è dimostrato camaleontico, sempre pronto a nuove sfide. A cambiare le carte in gioco come Armstrong. Se nessuno avesse mai toccato la Luna, il 1969 si sarebbe fatto carico di meno sogni e attenzioni, ma sarebbe rimasto un anno intenso e carico, rimanendo un periodo di icone e status symbol, alcune delle quali rappresentano oggi più di quanto contassero davvero all’epoca a riprova dell’infatuazione che proviamo verso tutto ciò che fa parte dello scorso secolo, dei tempi andati.
Lauro in 1969 cristallizza e scuote immagini, vecchio e nuovo si mischiano e innovano. Gli strumenti analogici fanno vibrare i brani, imprimono ulteriore vita a un immaginario di cambiamento e implosione.
Parla di Roma, settimo brano in scaletta: “Simon P. è l’amico di una vita. Solo lui che l’ha vissuto assieme a me poteva raccontare Roma così, in questo modo. Lui non ce l’ha fatta a farne una carriera, dispiace.”
Il nuovo lavoro di Achille Lauro è un prepotente richiamo al passato, a quelle icone cristallizzatesi negli ideali di perfezione e che non hanno avuto tempo per invecchiare, per passare; per cambiare. E’ un paradosso. 1969 è un tentato manifesto generazionale che segue la tendenza di ispirarsi al passato per inseguire un moto di novità. Le chitarre e la voce graffiata, il piglio e gli stivali a punta. Un autentico coming back al mondo che fu, alla musica che c’era e non è morta mai. E’ nuovo, perchè in Italia nessuno ancora ha pescato così a piene mani dal passato, tanto meno nella scena urban da cui proviene Lauro, che quindi grida, a pieni polmoni, e annuncia una presa di coscienza collettiva. “Se volete rimanere, ragazzi, non fermatevi alla trap“, è questo il suo messaggio. Del resto Lauro è sempre lui, e fluttua tra diversi stati d’animo:“Sono due le sensazioni, leggerezza e malinconia.
La sintesi di tutto, momenti di alti e bassi. Cerco di fermare questi momenti contaminando il sound e cercando la giusta direzione.”
1969 non è novità, ma è nuovo: segue il sentimento comune che genera il bisogno di ispirarsi a fatti e storie già viste, già sentite, e le riporta in una chiave inedita e scanzonata, intima e personale. Nella speranza che la novità torni a guardare al futuro, torni ad essere avanguardia, ci ascoltiamo ciò che fu, oggigiorno compiaciuto sinonimo di ciò che sarà.
Con l’uscita del nuovo album di Achille Lauro “1969” partirà l’instore tour durante il quale l’artista attraverserà tutto lo stivale per incontrare i fan e firmare le copie del nuovo album! scopri tutte le date degli Instore e dei concerti sulla sua Pagina Artista.