domenica, Marzo 26, 2023
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    Intervista a Primo Carnera: “Non si diventa uomini da un giorno all’altro”

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    Primo Carnera, all'anagrafe Samuel Akinjare Awosika, è un rapper emergente milanese classe '94 di origine nigeriana. Ha pubblicato una serie di singoli su youtube, tutti in collaborazione con Snooker. Da poco è uscito il nuovo pezzo: Festa. 

    Abbiamo avuto l'occasione di scambiarci quattro chiacchiere.

    La prima è la solita domanda che faccio a tutti. Mi serve per inquadrare un po' l'artista con cui sto parlando: film e libro preferito? 

    Parlando di libri leggo principalmente biografici, non cose alla Harry Potter ecco. Poi mi piacciono molto quelli che ti insegnano qualcosa, tipo l'ultimo che ho letto si chiama Da dove nascono le grandi idee. In quanto a film mi piace molto la fantascienza, che mi fa volare con la mente. E guardo anche molti gangster, cose tipo Il padrino, Scarface, Quei bravi ragazzi (che è il mio preferito).

    In ambito musicale cosa ti influenza di più? Che musica ascolti maggiormente?

    Ti dico, cerco di non farmi influenzare perché non mi va di essere condizionato nelle scelte. Ammetto che a volte mi capita di sentire artisti che fanno cose simili alle mie e quindi inevitabilmente mi condizionano, ma comunque poco. Tipo Rich the Kid è il mio preferito. Poi ascolto tanto i Migos. Adesso comunque è facile dire che ti piacciono i Migos, ma io li ascolto dagli inizi, dai primi mixtape, da prima che uscisse Versace. Stessa cosa per Rich the Kid. Dovessi scegliere tra i due, direi lui. Mi piace troppo il suo modo di rappare. È troppo avanti.

    Come ti sei avvicinato al mondo hiphop? 

    All'inizio lo ascoltavo un po' come tutti. Da piccolo mi sono accorto che in TV il rap non c'era mai. Questa cosa non è che mi desse fastidio, semplicemente mi chiedevo come mai. Poi un giorno sono andato da un socio da mio padre e mi sono fatto scaricare le robe di Tupac e Biggie. Lì ascoltavo senza capire molto, semplicemente mi sembrava meglio di quello che passava in giro. Poi conta che ai tempi c'era molta più censura. Poi ho scoperto gli italiani grazie a Fabri Fibra quando trovai per terra un riproduttore Mp3. Da lì ho scaricato tutta la sua discografia e poi con i vari featuring ho iniziato a sentire tutti gli altri e così via. Io mi sentivo già la voglia di iniziare a fare musica, solo che non mi sembrava il momento giusto. A una certa, un giorno, mi sono detto "sono pronto per farlo". E da lì ho iniziato.

    La scena attuale è piena di emergenti e ognuno punta su una caratteristica per sfondare. Sfera Ebbasta è il trap king, Ghali quello che viene dall'Africa, Ernia quello oscuro, etc. Qual è la tua peculiarità su cui vuoi puntare per differenziarti? 

    Ti direi sulla mia storia, io mi sento differente. Già che sono un ragazzo di colore… ce ne sono pochi attualmente, tipo Abe Kayn e Yank. E comunque devono ancora solidificarsi. Già questo porta da parte mia un retaggio culturale di un certo tipo. In più dico sempre che sarò quello che dà le dritte. Fibra in un'intervista ha detto che se non ascoltano la tua musica è perché o è musica brutta o perché non sa che è uscita. Mi vedo come uno che potrebbero chiamare in TV per fare l'opinionista. Ho questa cosa qua di essere molto… cioè, adesso sembra che mi stia vantando… però mi vedo come quello che dà i consigli. Voglio mettere la gente sulla retta via e invogliarla a usare il cervello. Comunque sono uno che magari nella scena non mi piacciono tutti, però sono per la libera espressione. Se mi chiedi di Young Signorino ti dico che è arte. Solo che a scuola l'arte ti danno modo di capirla. Anche sui manuali c'è Picasso, che ti piace subito, e poi c'è la gente che lancia la vernice sulle tele. Questi per capirli te li spiegano. Invece nessuno ti dà gli strumenti per decodificare il rap, devi farlo da solo. Io voglio solo dire "È arte". Se uno vuole fare le cose in un certo modo bisogna cercare di capirlo. Io per ora non mi permetto di esprimermi, rispetto che ognuno faccia la propria roba. Il rap lo possono fare tutti ed è questo il bello. Non ti servono le lezioni di canto. Alla fine rap significa parlare. Puoi anche non fare le rime se dici cose intelligenti e belle. Per me anche Fedez è rap. Ci vuole anche questo nella scena, che deve essere varia come in America. Ci vuole la Dark Polo Gang, etc..Il rap è lo specchio della società e bisogna riflettere ogni aspetto. Negli altri generi non c'è tutta questa varietà. Anche come pubblico. Solo ai concerti hiphop becchi il punkabbestia affianco al genitore che accompagna il figlio.

    Secondo te nella scena attuale chi sono i più talentuosi? 

    Secondo me tutti quelli che stanno sfondando sono talentuosi bene o male. Mi piace molto Ernia  perché come hai detto tu è introspettivo, però sa anche fare le ignorantate. Mi verrebbe da dire che punterei su Capo Plaza, però è una scommessa troppo facile. Mi piace molto Tedua perché non ha solo talento, ma c'è una knowledge dietro. Il rapper non è solo rime. È più di un cantante normale, un rapper deve istruire una generazione. E come lo fai nei pezzi lo devi fare nella realtà.

    Quindi tu vedi i rapper come gli eredi di quel cantautorato italiano tipo Guccini, Gaber, Tenco, De Andrè etc..? 

    Sì e li vedo anche come eredi della vecchia scena old school che cercava di dare consigli. I vari Esa, Kaos One, Inoki, etc. Quelli che davano quella cosa sociale. Loro parlavano di piazza e io mi ci rivedevo perché stavo in piazza. Anche adesso chi sta uscendo parla di piazza. I ragazzi di adesso stanno crescendo più sgamati grazie al rap, perché sentono parlare di certe cose. Io ai tempi magari ero meno babbo, però anche meno tagliato.

    Tu dici che anche adesso i rapper parlano di piazza. Però nel rap di vent'anni fa era difficile sentir nominare Gucci in una canzone. Ora è estremamente comune.    

    Chiaro. Ma doveva succedere. Anche ai tempi c'era già il tipo con il cappellino Gucci, magari anche tarocco, con il borsello, che però erano gli zarri. Ora i tamarri hanno iniziato a far rap. Poi ti dico, ai tempi magari non si parlava così di marche, però la moda è sempre stata una cosa dell'hiphop. Il rapper si è sempre vestito "bene", prima c'erano i baggy jeans, i carcani …. Il rap parla della società, se ora vogliamo tutti avere i followers su instagram e vestirci griffato è normale che questo andrà nei nostri testi. Io dico sempre che se succede qualcosa è normale e che se voglio mettere qualcosa in un testo è giusto che io la metta perché voglio dare il 100%. È facile puntare il dito quando si è ascoltatori. Finché devi solo mangiare è semplice dire cos'è buono. Quando sei tu il cuoco il discorso cambia. Io lavoro in un sushi e il mio capo non parla mai male degli altri concorrenti. È il rispetto del lavoro altrui.

    Però non è forse vero che il trand musicale attuale punta di più sul fenomeno mediatico che sulla meritocrazia? 

    Un po' è colpa degli artisti, ma un po' è anche colpa di chi ascolta. Sembra che appena c'è uno nuovo tutti si buttino su di lui. Prendi Young Signorino: alla gente non è che piaccia il pezzo, più che altro lo seguono perché lui ha attirato attenzione su di sé. Ghali e Sfera, quando stavano uscendo, hanno tirato attenzione su di loro anche grazie alla musica, però c'era una questione di numeri e di farsi vedere. Ora funziona che devi attirare la gente sulla tua musica. Se è bella poi il pubblico rimane. Ritornando su Young Signorino, ora la gente l'ha attirata. Starà a lui tirare fuori roba che non la faccia andare via. Prima bastava il pezzo figo, ora servono dei soldi per spingere il pezzo. O soldi tuoi o qualcuno che investa su di te. Per questo mi piacerebbe avere una Label. Poi comunque quello che conta non sono le views, ma quello che si pompa il ragazzo al parco e che tu passi e lo senti. Da lì capisci chi spacca.

    Ma non credi che ci sia il problema che ora si arriva al successo troppo velocemente? Capita spesso che alcuni abbiano un sacco di canzoni pubblicate e diventino famose in pochissimo. Poi vai ai live e non sanno tenere il palco. 

    Beh dipende cosa intendi tu per successo. Se vuol dire che tutti sanno che uno rappa allora anche E-Green ha avuto successo. Successo significa, per me, che tutti ascoltano i miei pezzi, che i miei live sono pieni, che passi in piazza e senti un mio pezzo, che si parla di me senza che io lo sappia e che ho cambiato almeno un minimo le regole del gioco. Poi ci sono le certificazioni tipo dischi d'oro e i social network, che comunque qualcosa indicano. E comunque si parla di cose limitate, chi ha davvero avuto successo nel mondo è una come Madonna, Michale Jackson, i Migos. In Italia Ghali e Sfera stanno avendo successo. Fibra l'ha avuto e continua ad averlo, come Marracash. Loro sono nel gioco da un bel po' e la loro voce sarà scritta nella storia. Quelli che ricorderemo tra vent'anni sono quelli che avranno avuto successo per davvero. È come la linea della vita, non si diventa uomini da un giorno all'altro.

    Quindi ora che progetti hai per il futuro? 

    Ora stiamo tirando su lo studio così da lavorare meglio. Ho una sessantina di pezzi pronti, però ci vogliono dei soldi per far girare bene la roba. Vorrei un'etichetta con cui far uscire le cose che mi aiuti e mi sostenga. Ora ho un manager che mi segue. Stiamo studiando bene le mosse. In questo preciso momento sono in studio a chiudere il master di un pezzo che dovrebbe essere il prossimo singolo, che si chiamerà Eddie Murphy. Comunque la prendo con attenzione perché non voglio sbagliare le mosse. Già con lo studio intero mi sentirei più tranquillo. Ora voglio far rumore. Non dico che Label mi stravolgerebbe la vita, però mi permetterebbe di concentrarmi di più sulla musica in sè e altri si occuperebbero di organizzare le cose, dei video, etc. Ora mi sto occupando di avere un Quartier Generale.

    Parliamo di Festa, il tuo ultimo pezzo. Cosa hai voluto dirci con questa canzone?

    Il messaggio è che noi facciamo festa perché questo schifo è passeggero. Uno schifo generico, dalla vita alla musica, capito? Tipo io penso che Rap, il pezzo che ho pubblicato tempo fa, si meritasse qualcosa di più. Ma perché? Perché non c'era marketing sul pezzo, come ti dicevo prima. Devi occuparti di diffondere il pezzo. Il punto è che si deve andare avanti col sorriso e far festa. Poi ti dico, inizialmente il testo l'ho scritto senza un'idea precisa, più così come mi veniva. Alla fine mi sono accorto che andava in quella direzione e mi è piaciuta. Poi ovvio che mentre lo stavo scrivendo mi accorgevo che prendeva una certa piega e l'ho assecondata. E in genere funziona così per tutti i miei pezzi.

     

    A questo punto spiegaci come funziona per te la realizzazione di una canzone.  

    Dipende dai pezzi. Non so mai come scriverò la traccia dopo. Per dire, per Eddie Murphy,  mi hanno passato una base che faceva otto barre in un certo modo e poi cambiava totalmente. Io ho scritto tutto su quelle otto barre che mi gasavano. Poi mi sono accorto che una frase era figa, così l'ho ripetuta ed è uscito il ritornello. Credo che sia la roba più originale che io abbia mai fatto. Tipo Soldi: ho sentito il beat, mi ha inscimmiato e l'ho scritto freestyle, senza sentirmi in competizione con nessuno. Poi comunque ho sempre idee per fare suoni strani che alla fine mi piacciono perché non li ho mai sentiti e ci scrivo sopra. Poi l'obiettivo in generale è di fotografare il momento nei pezzi, non sono né uno sempre introspettivo né uno solo cazzaro. Mi proponessero domani un featuring pop io lo farei, mi diverte mettermi alla prova e fare cose nuove. Poi se ci pensi il rap non vive senza gli altri generi, perché noi rubiamo costantemente i campioni, per dire. I miei amici mi dicono che rapperei anche sul rumore del citofono.

    Partecipi anche ai contest di freestyle?

    No, ai contest non ci vado. Lo faccio sui Navigli con i ragazzi che becco. Non mi considero un freestyler e non mi presenterei mai a una battle.

    È giunto il momento dell'ultima domanda: dove ti vedi tra 5 anni? 

    Eh… Non lo so. Potrebbe succedere di tutto. Posso dirti dove vorrei vedermi. Cioè in una realtà competitiva di questo genere con la possibilità di dire la mia e di dare il mio contributo. Vorrei poter mettere il pugno duro, cambiare il gioco ed essere riconosciuto.Vorrei che gente come voi parlasse di me a mia insaputa, ecco. Non faccio il modesto. Vorrei essere uno che rimane nel tempo e che fra 50 anni è ancora in quel mondo, magari a produrre altri artisti. Nel caso non mi dovesse andare bene come artista vorrei comunque rimanere nell'ambito, magari come manager. So che non è nulla di facile, ma sono dell'idea che devo far succedere quello che voglio, senza aspettare che le cose arrivino da sole.